Ruanda, 25 anni dopo: i ritratti, il cambiamento – Seconda parte

Il giornalista e documentarista italiano Giordano Cossu e il fotografo e artista francese Arno Lafontaine ci raccontano il Ruanda 25 anni dopo il genocidio, attraverso i volti e le storie dei sopravvissuti.

Articolo e foto di Danila Gaggiotti   Seconda parte

La prima parte dell’articolo

Colori, volti e luoghi prendono forma e vita. Di colpo la dura realtà del Ruanda, 20 anni dopo lo sterminio dei Tutsi, ora a 25 anni di distanza, ci viene svelata in modo così evidente che le foto e i webdoc sono stati utilizzati come materiale didattico presso il Liceo classico Pilo Albertelli di Roma proprio per conoscere queste pagine così complesse e atroci della storia contemporanea.

Marie

È difficile descrivere lo sguardo di Marie, 83 anni, la signora seduta su un banchetto davanti la soglia di casa. I suoi fratelli hutu uccisero il marito tutsi e i suoi figli. È sopravvissuta solamente grazie alla carità dei vicini e a un piccolo sussidio statale. “L’umanità è finita in quel giorno e non tornerà più”.

E invece no. Al di là della riconciliazione forzata voluta dal Governo e in parte operata tramite i gacaca, tribunali tradizionali di villaggio ripristinati per amministrare la giustizia tra 2004 e 2012, l’umanità in Ruanda non è finita. Vittime e carnefici, costretti a vivere insieme nelle stesse colline, stanno cercando di ricostruirsi una nuova vita, senza dimenticare il passato che ha lasciato cicatrici indelebili, ma affrontando la verità con coraggio e con amore.

Augustin e Nicolas

 

I due uomini che si guardano sono Augustin e Nicolas, l’uno hutu e tutsi l’altro. Nicolas uccise il padre di Augustin: questi gli fece visita in prigione e lo esortò a chiedere perdono. Ora Augustin è il padrino del figlio di Nicolas, bambino simbolo di riconciliazione.

Marie-Claire e Leonille

Delle ragazze sedute sullo scalino, quella a destra è Marie-Claire, 20 anni, rimasta orfana di entrambi i genitori morti durante lo sterminio e quella accanto a lei è Leonille, di 8 anni più grande. Insieme a suo marito hanno deciso di adottarla. Marie-Claire ha iniziato un corso di cucito, prima tappa per un futuro indipendente.

Osèe

L’uomo con il cappello, Osèe, 49 anni, conserva ancora nel volto un piglio feroce. Ha ucciso migliaia di Tutsi e ha passato 15 anni in prigione. Ha confessato tutti i suoi crimini davanti ai gacaca e per questo oggi è rispettato da tutti. Una donna tutsi dice “Lui ha avuto il coraggio di confessare tutto. E per questo lo rispettiamo”.

Avasta

La signora anziana che quasi sembra aggrapparsi alla soglia della sua porta si chiama Avasta, ha 70 anni ed è una vedova del genocidio. Vive da sola e non ha mai ricevuto aiuti statali.

Christine

La giovane nei campi si chiama Christine, 29 anni. Ha perso entrambi i genitori nel genocidio e, accolta nella nuova famiglia, è stata violentata dal padre adottivo. Oggi vive nel villaggio d’origine e coltiva i campi cercando di ricostruirsi, da sola, una nuova vita.

Vedove, orfani, relitti di famiglie separate per sempre, vittime viventi di uno sterminio che conta oltre un milione di morti. Oggi, con le loro stesse mani, stanno cercando di ricucire gli strappi di tutti quegli atti crudeli e di seminare un nuovo futuro di pace e riconciliazione in quelle terre ruandesi che adesso, anche grazie a questa mostra e a questi volti, immortalati nelle foto e conservati nel catalogo illustrativo, ci sembrano più vicine che mai.

Sitografia per conoscere il lavoro di Giordano Cossu e Arno Lafontaine:

https://www.festivaldelgiornalismo.com/speaker/giordano-cossu

https://vimeo.com/giordanocossu

http://www.hyrialab.net/

http://www.art-no.net/

Si ringrazia la Prof.ssa Michela Nocita

 

 

 

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