Retour à Rome, i paesaggi dell’anima all’Istituto Svizzero

Retour à Rome è una mostra collettiva fatta di atmosfere lugubri e misteriose, che si alternano a fantasiosi tripudi di colori.

Articolo e foto di Danila Gaggiotti

Ecco “Unmade Film: the Reconnaisance” dell’artista Uriel Orlow: un pannello raffigurante un paesaggio, una cinepresa, due speaker e voci in sottofondo. Si prova quasi la sensazione di assistere alle riprese di un film senza poter vedere attori né registi ma avvertendone la presenza attraverso le voci e gli oggetti.

Nella sala successiva, un film portato a compimento e proiettato: “Geschichte der Nacht” dell’artista svizzero Clemens Klopfenstein. Non ci sono voci né colori: sullo schermo si susseguono scene in bianco e nero di paesaggi notturni, isolati e silenziosi. Sette schermi di varie dimensioni contrastano con il mobilio signorile di Villa Maraini per la loro sgargiante e vivace modernità. Le immagini di interni che vengono proiettate cambiano in continuazione su ogni schermo, creando associazioni cromatiche sempre differenti.

Lastre di resina trasparente di varia lunghezza contengono frammenti di piantine raccolte nel giardino dell’Istituto Svizzero. “Grands Trauvaux Urbains” è il titolo dell’originale opera, realizzata da Anne Laure-Franchette. Lo spettatore rimane lietamente stupefatto, indeciso se si tratti di uno stravagante recinto o di un inusitato connubio tra ecologia e arte su materiali sostenibili.

Strade, alberi e palazzi oscuri insieme a mongolfiere color bianco abbagliante. È questo ciò che si vede (e si intravede) sulle tre pareti della sala successiva. Sembrano le prime scene di un thriller. A rendere l’atmosfera ancora più inquietante, strani rumori e fruscii. L’artista ginevrino Denis Savary ha voluto raffigurare nell’opera le vie della sua città attraversate da un enorme pallone. Il riverbero del continuo susseguirsi di luce e ombra sulle eleganti pareti del palazzo crea l’inaspettato effetto di una tetra foresta illuminata da una luna piena.

Vidya Gastaldon, VISIONUM

Ancora qualche passo e l’attenzione si sposta dalle pareti al pavimento e le pupille si inondano non più delle sfumature bianco grigie ma di vivide tonalità di colori. Un insieme di cuscini colorati collocati su un tappeto davanti uno schermo che proietta in continuazione motivi geometrici. L’opera, intitolata “VISIONUM” e realizzata da Vidya Gastaldon, nasconde forse un gomitolo di suggestioni provenienti da tradizioni orientali, cultura hippie e mondo naturale applicati a oggetti di uso comune come i cuscini e lo schermo.

Creazioni così diverse ed emozioni così contrastanti sono forse il risultato della caleidoscopica unione di opere d’arte che puntano a reinterpretare il concetto di paesaggio, inteso non più come contemplazione di un panorama ma come esperienza totale, che coinvolge vista e udito. Tuttavia le opere esposte non restituiscono totalmente l’immagine nitida di un paesaggio unitario bensì costituiscono una pluralità di frammenti e vaghi indizi di un tutto che nell’opera stessa continua a crearsi, a cambiare e a definirsi. Forse alla fine si scopre il vero, unico paesaggio della mostra. È nella cornice del nostro animo, realizzato da tante e piccole pennellate di impressioni e sensazioni. Segno di un’arte che, pur rinnovata nelle forme e nei contenuti, non viene meno all’imperativo ancestrale di sconvolgere il nostro animo.

Istituto Svizzero, via Ludovisi 48.Da giovedì a venerdì, dalle 14:00 alle 18:00. Sabato e domenica dalle 11:00 alle 18:00. Ingresso gratuito.

Fino al 19 gennaio 2020

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